MANUEL FODERA'
il piccolo guerriero della Luce
Offrì i suoi dolori per “convertire il maggior numero di anime”. «Gesù mi ha proclamato “guerriero della Luce” per vincere il male e le tenebre del mondo», disse Manuel.
Manuel nacque a Calatafimi, un paese di seimila abitanti situato in provincia di Trapani, il 21 giugno 2001, da papà Beppe e mamma Enza. Alla sua nascita, i due fratelli Francesco e Stefania, già adolescenti, lo accolsero con grande affetto. Manuel ricevette un’educazione cristiana, in una famiglia gioiosa e piena di vita, dove tutto trascorse senza problemi finché nel giugno del 2005, a soli quattro anni, Manuel accusò un forte dolore alla gamba destra e una febbre fastidiosa che gli toglieva l’appetito. Alcuni giorni dopo, all’Ospedale Pediatrico di Palermo dove era stato ricoverato, gli diagnosticarono “un’infiltrazione massiva di neuroblastoma di IV stadio che ha intaccato le creste iliache del bacino”. Da quel momento sarebbe iniziata una lunga Via Crucis di cinque anni con interventi chirurgici, trenta cicli di chemioterapia, un trapianto, trasfusioni di sangue e indicibili dolori che il piccolo Manuel dovette sopportare. Sarebbe stato l’inizio di un particolare cammino, doloroso e allo stesso tempo molto felice per il bambino, che presto avrebbe sentito la presenza di Gesù che gli parlava come un amico intimo. Fu sottoposto ad un’operazione per rimuovere il tumore e in seguito gli furono somministrati i primi cicli di chemioterapia. All’inizio voleva andare a scuola, giocare insieme ai suoi compagni e piangeva perché non lo poteva fare. Dopo un po’ di tempo successe l’incredibile: Manuel accettò le cure, diventò sereno e docile.
Suor Prisca, una religiosa francescana dell’Ospedale, fu la prima ad accorgersi del cambiamento e racconta: «Era piccolissimo, ma prima di fare la terapia veniva sempre in cappella e incontrandomi mi diceva: “Suor Prisca, portami in cappella, perché voglio vedere Gesù!” .
Poi teneramente lo prendevo in braccio e gli mettevo la testolina vicino al tabernacolo. Era felicissimo perché voleva essere il più caro amico di Gesù. Poi recitavamo insieme il Santo Rosario e con emozione lo ascoltavo ripetere le litanie a memoria».
Verso la fine dell’estate 2005 Manuel tornò a casa e si riprese insieme alla sua famiglia e ai suoi cari. Dopo i giochi chiedeva sempre a tutti di pregare il Rosario, perché: «le Ave Maria mi fanno stare meglio». Spesso chiedeva di recitarlo nei momenti di dolore, perché “me li fa passare”, o nei momenti di paura, perché “mi dà forza e pace” . Man mano passava il tempo, la sua relazione con la Madonna cresceva e si faceva più viva, quasi tangibile.
Una volta, Manuel era fisicamente esausto a causa dei trattamenti interminabili, e chiese alla Madonna una consolazione speciale. Quel giorno era la festa del paese e si sarebbe tenuta una processione in onore alla Madonna. «Mamma, mamma - esclamò Manuel - la Madonna mi ha detto: “Gioia mia, questa sera faccio i fuochi per te”» . La sua mamma gli spiegò che non erano previsti i fuochi di artificio. Manuel ribatté sicuro: «Ti sbagli, perché me l’ha detto la Madonnina». Quindi si addormentò, ma alle 22.30 i botti svegliarono Manuel: «Allora, convinta, mamma? La Madonnina mi aveva detto proprio così: . “Gioia mia, questi fuochi sono per te” . ».
In ospedale, il cappellano dava normalmente la Comunione a sua madre. Anche Manuel voleva ricevere Gesù. Tutti gli dicevano che era troppo piccolo, poiché aveva solo sei anni. Data però la sua insistenza, la sua maturità cristiana e le preoccupanti condizioni della sua malattia, ricevette il permesso dal Vescovo di Trapani.
Il 13 ottobre 2007 ricevette la Prima Comunione. Tuttavia, la mattina del giorno tanto atteso, non si sentiva bene: si era svegliato con dei dolori terribili a una gamba, che non gli permettevano di alzarsi dal letto e a causa dei quali temeva di non poter andare in cappella. Verso mezzogiorno, contro ogni previsione, il dolore scomparve. Manuel lo spiegò così: «La Madonna mi ha detto: “Manuel non può ricevere Gesù zoppicando”. Così ha fatto la magia di farmi guarire. Grazie, Madonnina del mio cuore!». La Messa della sua Prima Comunione fu molto raccolta e piena d’amore. Su un’immaginetta scrisse: “Desidero ricevere Gesù nel mio cuore, affinché Lui diventi il mio migliore amico per sempre. Sarà la mia forza, la mia gioia, la mia guarigione”.
Ai suoi amici sacerdoti e suore disse: «Sapete perché ho voluto ricevere la Prima Comunione così piccolo? Desideravo tanto ricevere Gesù nel mio cuore, perché quando non potevo fare la Comunione ero molto triste e spesso piangevo. Sono stato felicissimo quel giorno».
Al Vescovo chiese: «Vescovo, per favore, puoi dire ai tuoi sacerdoti di abituare tutti ad almeno cinque minuti di silenzio per poter parlare e ascoltare Gesù nel proprio cuore? Pensa all’ultima persona che fa la Comunione, non ha nemmeno il tempo di dire “Ciao” a Gesù!» . Il perché lo spiegò in un’altra lettera che il piccolo sentì l’urgenza di scrivere: «Gesù è presente nell’Eucaristia. Lui si fa vedere e sentire nella santa Comunione. Non ci credete? Provate a concentrarvi, senza distrarvi. Chiudete gli occhi, pregate e parlate perché Gesù vi ascolterà e parlerà al vostro cuore. Non aprite subito gli occhi perché questa comunicazione si interrompe e non torna mai più! Imparate a stare in silenzio e qualcosa di meraviglioso succederà! Una bomba di grazia!» .
Un giorno, dopo la Comunione, Manuel raccontò di aver chiesto a Gesù cosa potesse regalarGli per il prossimo Natale, e che Gesù gli aveva risposto: «Mostra sempre la mia gioia agli altri. Sii un guerriero della luce in mezzo alle tenebre».
Nel giugno del 2008 andò a Lourdes. Dopo la cena, in hotel, Manuel recitò il Rosario con i pellegrini siciliani e volle pregare una decina per i bambini ciechi. Nessuno capì, dal momento che nel gruppo non c’era nessun bambino cieco, ma al ritorno si seppe che un bambino cieco di un altro gruppo aveva riacquistato la vista.
Il 15 agosto 2008 Manuel ricevette la Cresima. Gesù gli regalò l’enorme dono del Suo Corpo e del Suo Spirito. Quella “bomba di grazia”, come Manuel chiamava l’Eucaristia, fece sì che nonostante la malattia fosse inspiegabilmente felice.
Diversi sacerdoti stettero vicini a Manuel. Dal settembre del 2008, Don Ignazio Vezzana fu il suo direttore spirituale su suggerimento di Gesù. Andava a trovarlo tutti i giorni in ospedale e a casa. A marzo del 2009 Manuel chiese di confessarsi più spesso. Dice il sacerdote: «Ricordo con tanta commozione il grande senso del peccato che aveva, tanto che scoppiava in lacrime durante la Confessione stessa» .
Il 2 luglio 2009 Manuel dovette sottoporsi a un’ecografia molto dolorosa. Non voleva vedere nessuno e non rispondeva al telefono; chiese alla Madonna un segno che gli mostrasse che Ella lo amava e lo aiutava. Poco prima di mezzanotte cominciarono i fuochi artificiali. Manuel disse alla mamma: “Oggi ho sofferto tanto, ma Gesù mi ha voluto ricompensare”.
Don Ignazio racconta che sin dal primo momento Manuel gli parlò del suo amico speciale, Gesù. Nella cappella si sdraiava sul banco o per terra per pregare. Se era ricoverato, si metteva sotto le lenzuola, con la testa coperta, e stava così per dieci o venti minuti, in assoluto silenzio. Nel momento culminante della Comunione entrava in dialogo con Gesù come due amici intimi. Don Ignazio commenta: «Gli ho chiesto più volte se vedeva Gesù faccia a faccia, e lui mi rispondeva che sentiva la Sua voce nel suo cuore».
Un giorno, dopo la Comunione Gesù gli disse: «Manuel, il tuo cuore non è tuo, ma è Mio, ed Io vivo in te». Manuel però non riusciva a capire e chiese a Don Ignazio cosa volesse dire Gesù. Al sacerdote vennero in mente solo le parole di San Paolo: «Vivo, ma non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me» (Gal. 2,20).
Manuel raccontò ai suoi cari e al sacerdote: «Gesù mi ha dato la sofferenza perché ha bisogno del soffrire per salvare con me il mondo. Gesù mi ha proclamato “guerriero della Luce” per vincere il male e le tenebre del mondo».
Il piccolo vedeva con una chiarezza lampante la sua missione: «Mamma, davvero esistono persone che non amano Gesù? Dobbiamo portare a Lui più anime possibili» . Amore, sacrificio e dono di sé furono realtà inseparabili per Manuel, come avrebbe spiegato un giorno a sua madre: «Per amare Gesù devi pregare molto, lavorare bene, studiare e fare sacrifici per offrirli a Gesù». Sacrifici? Alla mamma, che gli chiese una spiegazione, rispose: «Per esempio: non vuoi mangiare pasta con le zucchine e tu la mangi lo stesso e lo offri per amore di Gesù».
Intorno a lui, a casa sua e in ospedale, si riunivano amici attratti dalla gioia e dalla pace che irradiava mentre il suo corpo si consumava lentamente. Ai tanti sacerdoti che andavano a trovarlo, disse: «Ti voglio bene. Prego per te. Porta Gesù ai piccoli, ai sofferenti, ai malati, porta Gesù a chi incontri». Al Vescovo di Palermo che andò a fargli visita, disse: «Ti voglio bene. Offro per te e per i tuoi sacerdoti… ma tu fammi un regalo: di’ ai tuoi sacerdoti che ricordino ai fedeli di ricevere Gesù sempre in grazia di Dio, senza peccato, e che dopo averlo ricevuto facciano sempre almeno cinque minuti di ringraziamento a Lui. È troppo grande Gesù, è Dio, e dev’essere trattato da Dio».
Sua madre e il sacerdote lo invitavano a prendere il calmante per il dolore, ma il bambino diceva loro: «Voglio aspettare ancora un po’ di tempo, prima di prendere la Tachipirina, perché oggi Gesù ha bisogno della mia sofferenza per salvare le anime».
Quando era già vicino alla fine della sua vita, all’inizio dell’estate del 2010, Manuel aveva dei dolori di testa fortissimi. Dopo alcune analisi i medici scoprirono due masse tumorali nella sua testa, ma sua madre decise di non informare Manuel al riguardo. Racconta Don Ignazio: «Dopo una Comunione scoppiò in pianto e confidò alla mamma e poi a me ciò che Gesù gli aveva detto. Noi gli avevamo chiesto cosa avesse, dato che piangeva, e lui ci disse che Gesù gli aveva fatto un regalo speciale, ed essendo felice piangeva per questo: Gesù gli aveva donato due spine della sua corona, e queste le aveva ora sul suo capo. Io sono rimasto scioccato nel sentire ciò, perché questo è umanamente inspiegabile. C’è stata una coincidenza perfetta dei fatti: due masse tumorali in testa e le due spine della corona di Gesù che gli erano state donate sul capo».
Il 21 giugno Manuel festeggiò il suo ultimo compleanno; ai suoi amici disse: «Gesù mi ha fatto vedere il Paradiso ed è un luogo meraviglioso, bello come un convito preparato da Gesù. Gesù mi ha detto che morirò a nove anni, che devo soffrire ancora un po’ per Lui. Dopo, apparirò alla mamma e ai miei cari, potrò essere toccato da loro e abbracciato».
Arrivarono i suoi ultimi giorni, l’agonia. L’emoglobina scese raggiungendo i minimi storici. I medici sospesero le trasfusioni: era il segnale della capitolazione totale. Nonostante tutto, con grande stupore dei medici, il cuore del “guerriero” continuò a battere per altri quattro giorni. La mamma capì immediatamente: «Manuel, hai fatto un altro patto con Gesù, vero?» . Il piccolo rispose con un cenno di affermazione. Evidentemente stava offrendo le sue ultime gocce di vita per qualcuno di cui non si saprà mai il nome.
Aveva lasciato alla mamma tutte le disposizioni per quando sarebbe morto: quel giorno avrebbe indossato la tunica della Prima Comunione e, al posto del cuscino, la sua testa sarebbe stata adagiata sulla Bibbia, aperta al passo di Geremia (17,14), che dice: “Guariscimi, Signore, e io sarò guarito; salvami e io sarò salvato, poiché Tu sei il mio vanto”. Le disse anche che non avrebbe dovuto piangere, che nessuno avrebbe dovuto piangere, che tutti avrebbero dovuto raccogliersi in preghiera affinché il suo funerale potesse essere il riflesso della grande festa che egli avrebbe vissuto in Cielo.
Il 20 luglio fu il suo ultimo giorno sulla terra. Sdraiato nel letto, con forza stringeva tra le mani il rosario: si celebrò la Messa nella sua stanza. Dopo aver ricevuto la Comunione, con un filo di voce disse: «Ho finito».
Due mesi prima di morire, in una notte di terribili sofferenze, aveva detto a sua madre: «Tu sei la mia unica e vera testimone. Dovrai scrivere molti libri su di me: tutti dovranno conoscere la mia storia». Non fu facile per lei mantenere la promessa per via del dolore in seguito alla dipartita del figlio, ma alla fine vinse l’amore. Dal diario che Enza tenne durante la lunga malattia, nasce: “Manuel. Il piccolo guerriero della Luce” . Un libro con tanti insegnamenti di questo piccolo amico di Gesù che, come disse Mons. Pierino Fragnelli, vescovo di Trapani: “Dal tuo letto, in ospedale come a casa, Manuel, ci hai insegnato la lezione della fiducia nella vita che non muore”.
© Sr. Mª Carmen Checa, SHM - Rivista HM Nº214 Maggio – Giugno 2020