don francesco nisoli - parrocchia stagno lombardo

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IN RICORDO DI UN AMICO
L'ESPERIENZA DEI SACERDOTI FIDEI DONUM
DIOCESANI IN MISSIONE

Come è nato il libro

Giornata missionaria mondiale  (Caravaggio 17 Ottobre 2020)
PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI DON FRANCESCO NISOLI (don Pedro Vei)

Credo sia utile raccontare la storia che ha portato alla versione finale di questo libro.
 
Don Francesco ne scrive la parte più consistente (e in sè conclusa) nel 2014, mentre è ancora in Brasile, in un anno denso di anniversari importanti per lui: vi coincidono, infatti, il 65° anno di età, il 40° di ordinazione sacerdotale e il 25° del suo arrivo in Brasile. Probabilmente ci stava lavorando da tempo e la data “simbolica” del 2014 gli serve a sottolinearne il valore di “meditazione giubilare” sul senso della sua vita, come ben evidenziato nel titolo “La vita: un dono infinito”.
 
Lo scrive direttamente in portoghese, pensando quindi a destinatari brasiliani. Di fatto, è una risposta “in ritardo” (come lui stesso ammette) a una richiesta che la sua “guida spirituale” nel mese degli Esercizi Ignaziani, Suor Terezinha dell’Acqua (citata nel libro), gli aveva in qualche modo suggerito come “compito a casa”.
 
È in quel contesto, quello degli Esercizi Ignaziani, infatti, che don Francesco vive l’evento che egli considera come il più importante della sua vita perchè gli offre la chiave di lettura con cui rileggere il suo passato, interpretare l’attualità della sua esperienza missionaria e guardare alle incognite del futuro con animo sereno.
 
Non è quindi pensato come un “diario”, un “libro autobiografico”, o una storia di vita missionaria farcita di aneddoti, impressioni e commenti: anche se vi si ritrova un po’ di tutto questo, si tratta essenzialmente per lui di un riflettere a ritroso, un “fare memoria” (nel senso biblico di rileggere l’intera storia sua alla luce fontale di un evento che la riempie interamente di senso e che ne svela il disegno divino).
 
L’evento, che don Francesco posiziona in evidenza nel libro come capitolo iniziale, dopo uno introduttivo nel quale spiega le motivazioni del suo bisogno di condividere con altri la bellezza dei doni di Dio, viene raccontato dettagliatamente e, come l’evangelista Giovanni che ricorda con precisione l’ora del suo primo incontro con Gesù (“erano circa le quattro del pomeriggio” - Gv 1, 39), ne viene sottolineata la data, ormai incisa a caratteri cubitali nella sua vita: il 12 gennaio 1995.
 
Con il linguaggio della mistica e il candore della semplicità, che lo caratterizzava, narra di un’ “estasi trinitaria” che ha come trampolino materiale l’affresco della parete di fondo della cappella dove si ritirava a pregare, ma da cui poi spicca il tuffo immergendosi nel “mistero divino”, mistero di amore e di donazione, che lo avvolge nella sensazione appagante di sentirsi infinitamente (e immeritatamente) amato e lo coinvolge nella missione del donarsi. Ed è con la metafora dell’ “agnello immolato” (applicata da Giovanni il Battista a Gesù) che esprime il suo assenso, intuendone il doppio versante: quello della generosità del donarsi in risposta al dono dell’amore ricevuto e quello dell’abbandonarsi in totale fiducia nel disegno divino a imitazione del Figlio che “ha dato la sua vita per noi” (1Gv 3, 16).
 
A partire da questa esperienza, la riflessione di don Francesco va prima all’indietro, ripercorrendo le tappe della sua vocazione e della sua chiamata missionaria, con un pensiero affezionato e riconoscente alla famiglia, ricordando gli anni del Seminario e le prime esperienze pastorali in diocesi, non trattenendosi dal commento amaro e dalla severa critica nei confronti di quella che definisce “Chiesa-istituzione” e che, però, nello sguardo retrospettivo, diventano le righe storte su cui poi scrive Dio.
 
Lo sguardo si sofferma successivamente sul “presente” dell’esperienza in terra brasiliana, con le sue luci ed ombre, le sfide, le soddisfazioni ma anche le delusioni e le preoccupazioni per una Chiesa, quella della seconda appartenenza, che tradisce, agli occhi di don Francesco, l’anelito genuino e la grande generosità della gente semplice che ne costituisce la porzione più consistente e solida.
 
Prima della sua partenza definitiva dal Brasile, nel febbraio 2017, don Francesco aggiunge a questo blocco unitario delle sue “memorie” (così le definisce lui) due allegati: il primo, che intitola “Una Chiesa che sappia ascoltare”, raccoglie alcune sue sofferte considerazioni sulla diocesi del Centro Brasile che lo ospita da quasi vent’anni e alla quale ha dato tutta la sua maturità sacerdotale; il secondo, che riunisce preghiere da lui scritte nel corso degli anni, a ridosso di feste o ricorrenze, in quello stile di poesia moderna, senza rima e senza ritmo definito, che si caratterizza per le frasi brevi, le allusioni e le immagini. Una scoperta anche questa, così come la sua profonda spiritualità, che ha lasciato sorpresi più d’uno di noi, rivelandoci un animo e un estro poetico non così evidente in quel suo essere “semplicemente se stesso”, discreto e dimesso, senza forzature.
 
Questa la composizione della stesura finale in portoghese che egli rilega in formato “dispensa” (come le molte che preparava, con grande accuratezza e dispendio di ore, per la catechesi o per gli incontri di formazione dei laici impegnati in parrocchia) e che distribuisce, prima della sua partenza, ad alcune delle persone con cui ha più strettamente collaborato e con le quali aveva intessuto legami d’amicizia.
 
Di questa sua edizione abbiamo mantenuto tutto: foto di copertina, titoli e impaginazione dei capitoli.
 
Tornato in Italia, alla prima occasione che ci rivediamo, consegna anche a me quei fogli dicendomi, quasi non volesse dare molta importanza alla cosa: “Voglio condividere anche con te, amico di tanti anni ed esperienze comuni, queste riflessioni che ho buttato giù a conclusione dei miei anni brasiliani”.
 
E qui, caro Francesco, ti devo fare una confessione postuma che suona a mia vergogna e di cui mi rammarico ogni giorno: dopo avergli dato una scorsa, li ho messi sul mio tavolo di lavoro, sempre riproponendomi di leggerli con calma, prima o poi, e finendo invece per seppellirli sotto una montagna di altre pie intenzioni di letture procrastinate alle calende greche...
 
Quando la tua scomparsa inattesa e repentina ci ha travolti, mi son ricordato di quei fogli, all’improvviso diventati ai miei occhi il tuo “testamento spirituale”: me li sono letti allora con l’attenzione che meritavano e ho percepito quanto ti sarebbe piaciuto e quanto sarebbe stato importante per me parlarne insieme. Troppo tardi me ne sono accorto e te ne chiedo (se mai ne avesse ancora un senso) sentitamente scusa.
 
A quel punto ho telefonato subito a don Angelo per chiedergli se negli anni trascorsi insieme in casa parrocchiale gliene avesse parlato o avesse notizia di un qualche analogo scritto di don Francesco in italiano.
 
Al momento, mi disse che proprio non ne sapeva niente e che avrebbe cercato tra le sue carte: solo dopo trovammo negli archivi del suo computer l’ “allegato 3” che già per il nome indicava la sua intenzione di aggiungerlo ai primi due. Era scritto in italiano e dava continuità alle sue riflessioni sulla missionarietà della Chiesa, che costituivano l’asse portante delle sue “memorie” in portoghese.
 
Mi decisi allora a mettere mano al lavoro di traduzione (te lo dovevo, Francesco!) che feci avere a don Angelo, ai familiari, a don Gianni Cavagnoli, per i compagni di Ordinazione, e a qualche amico comune.
 
Fu una felice sorpresa per tutti (anche per il vescovo quando gliene fu data copia perchè ne redigesse la prefazione),  che ci condusse tutti alla stessa domanda: perchè non pubblicarlo?
 
Ed ecco qui il frutto di una estate di lavoro che ci ha visto coinvolti in un lavoro di squadra, sul testo prima, poi sulla raccolta di foto significative e pertinenti, e infine sulla veste grafica.
 
Ai patrocinatori il merito di averci creduto e di essersi sobbarcati tutti gli oneri di edizione, permettendo così che il libro venga offerto a tutti i sacerdoti della diocesi, ai parrocchiani delle varie tappe pastorali di don Francesco e a tutti coloro che vogliano lasciarsi conquistare da un animo sacerdotale genuinamente evangelico e missionario.
 
Senz’altro non pensava a un libro don Francesco; e per l’esiguità di copie da lui distribuite  in vita forse neppure lo voleva. Era fatto così e in molti (io per primo) non ci siamo accorti dei tesori che custodiva nel suo zaino di viaggio. Adesso però è venuto il momento di attingervi ed essergliene grati. E non ce lo può più impedire!
 
Muito obrigado, Francisco!
 
Amici di don Francesco in Brasile vogliono curarne l’edizione portoghese: ho assicurato loro il mio contributo per coprirne le spese. Chi vorrà unirsi sarà il benvenuto. Don Angelo ne sarà il riferimento e si incaricherà di fornirvene le modalità.

L'esperienza dei "Fidei donum" nella nostra Diocesi.   [leggi qui]
 

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Chi fosse interessato al libro e volesse dare un contributo per l'edizione portoghese degli amici in Brasile si rivolga a don Pedro o all'Ufficio Missionario Diocesano.
parrocchia stagno lombardo 2020
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